In ogni paese Libero, Serio e Democratico uno dei principi basilari del vivere civile dovrebbe essere quello che stabilisce, in modo inequivocabile, che nell'attività della Pubblica Amministrazione, il Controllore non debba e non possa coincidere con il Controllato.
E' una regola semplice semplice che, in linea teorica tutti diciamo di condividere e sostenere, ma che in linea pratica viene ignorata, impunemente.
Nell'ambito degli appalti pubblici capita spesso di vedere dei professionisti tecnici incaricati sia della progettazione e della sicurezza di un'opera, sia per la gestione dell'affidamento, sia per gestione dell'esecuzione dell'opera stessa, sia per la gestione amministrativa del contratto d'interesse. Anche per lavori di importo di molto superiore ad € 500.000,00. Tale coincidenza di funzioni non solo è errata per il semplice buon senso, ma rappresenta, anche, una grave occasione per l'accensione di fenomeni di corruzione.
Negli appalti pubblici, le imprese al fine di cautelare il proprio diritto di essere pagate per le lavorazioni effettuate (Previste e non previste in contratto), spesso generate da errore e/o approssimazione progettuale, sono costrette ad apporre Riserve sul Registro di Contabilità. La presenza delle Riserve, quasi sempre, è dovuta a manchevolezze in fase di Progettazione. Ma la decisione ultima sulla legittimità delle riserve presentate dalle imprese è nelle mani del Responsabile Unico del Procedimento (RUP ex figura dell'Ingegnere Capo), che nell'ipotesi sopra riportata coincide con lo stesso Progettista. Si prefigura, quindi, il caso che a decidere se c'è stato o non c'è stato un errore progettuale venga ad essere chiamato lo stesso progettista! La cosa è talmente assurda ed inaccettabile che … non sembra interessare nessuno. Neppure la stessa Magistratura chiamata in causa alcune volte in mia diretta conoscenza.
La circostanza del Controllore (RUP) che coincide col Controllato (Progettista), di per se sconcertante, diventa, addirittura, comica quando la stessa figura va a coincidere con quella del Dirigente Amministrativo della Stazione Appaltante, al quale le imprese, qualche volta fanno rimando per farsi riconoscere, per le vie brevi, i propri diritti. Come in alcuni casi di mia diretta conoscenza! A questo punto alle imprese qualificate e corrette non resta che rivolgersi alla Giustizia. Ma questa strada, che qualche tempo fa era, ragionevolmente, percorribile, ultimamente è diventata una corsa ad ostacoli la cui conclusione, quasi sempre (Sto seguendo dei contenziosi giudiziari attivati circa 10 anni fa), è procrastinata in termine biblico. A questo punto alle imprese oneste non resta che chiudere di battenti o andare incontro al fallimento.
E se le cose stanno così, non bisogna restare sorpresi se il livello qualitativo delle opere pubbliche, in quest'ultimo ventennio sia andato sempre più scemando.
Studio DOMUS Ingegneria
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